GUTA - Gruppo Universitario Tradizioni Antiche
L'abito Scannese del 'settecento
L’abito femminile adottato da "La Cumbagnìe" del G.U.T.A. è la riproduzione dell'abito in uso nella zona di Scanno (AQ) nel XVIII secolo.La scelta di tale abito è stata operata in quanto esso, oltre ad essere di foggia tipicamente abruzzese, si discosta dai principali stereotipi di abito tradizionale abruzzese propinati dalla iconografia folkloristica.
La sua autenticità è ben documentata sia da esemplari originali, conservati in alcuni musei, sia dalle immagini riprodotte su quadri, stampe o oggetti dell'epoca.
Senza voler entrare nel merito della trattazione e rimandando alle ben più autorevoli e complete trattazioni degli studiosi della storia del costume per gli approfondimenti, vale la pena di ricordare che si tratta del costume abruzzese che maggiormente ha attirato l'interesse degli studiosi.
Alcuni studiosi in tempi remoti sarebbero arrivati persino a sostenere l'ipotesi secondo cui le fogge degli abiti abruzzesi sarebbero derivate da quella "originale" di Scanno.
In realtà tale ipotesi fu subito ritenuta priva di fondamento per l'impossibilità di riferirsi ad un unico costume scannese costante nel tempo, considerati i rapidi cabiamenti verificatisi in un breve lasso di tempo (circa un secolo) con l'avvicendarsi di tre fogge diverse.
Si tratta di un abito di stampo rinascimentale che, a causa dell'isolamento determinato dalla peculiare posizione geografica del paese, è riuscito a mantenere più a lungo rispetto al resto della regione la foggia originaria.
I più antichi documenti che parlano dell'abbigliamento delle donne scannesi sono quelli relativi ai corredi dotali dei secoli XVI-XVIII dove sono citati abiti molto diversi da quello intermedio, conosciuto oggi come abito di Scanno.
Tale diversità è ravvisabile anche grazie ad un piatto di ceramica antica, prodotto della Real Fabbrica di Capodimonte nel secolo XVIII, raffigurante un uomo e una donna di Scanno in abito tipico.
La prima foggia (abito in rosso, turchese, giallo-bruno, a maniche staccate, busto steccato, molto ornamentato) è rimasta in auge fino a circa metà Ottocento.
Successivamente, nel corso dell'ottocento, tale abito ha subito rapide e radicali trasformazioni soprattutto per quanto riguarda il copricapo e il colore dei vestiti, la cui varietà è stata sostituita dalla monocromia del nero.
In particolare, nella seconda metà del secolo, parallelamente all'affermazione di una nuova morale borghese e alla diffusione di modelli provenienti dall'esterno, si afferma una seconda foggia (abito scuro, di panno pesante, sobrio e di taglio sartoriale con maniche attaccate e blusa non steccata), completamente diversa.
Infine la terza foggia, di tipo più semplice e anonimo (composta da una gonna poco ricca e blusa scura, con cappello-fazzoletto anch'esso scuro), ancora oggi indossata dalle anziane, ha preso piede a partire dai primi anni del Novecento.
Tornando all’abito del ‘700, nel complesso si tratta di una foggia abbastanza tipica per l'Abruzzo, ed è simile, almeno nelle sue componenti essenziali a quello dei paesi della Conca Peligna, dell'Alto Sangro e della Marsica, con alcune peculiarità che lo rendono facilmente riconoscibile: cappellitto e trecce, interlacciatura e le ciappe in argento.
La gonnella femminile, di foggia rinascimentale, era costituita da varie parti:
- la gonna, formata da più teli, di 60 cm di larghezza per 35 di lunghezza, lavorata a traino in vita, con pedana in velluto controtagliato e pedera interna;
- il bustino steccato cucito alla gonna modellato sul petto e con applicazioni sempre in velluto controtagliato (aste) di colore diverso, scollato davanti e retto da spalline allacciate con fibbie d'argento, estremamente elaborate e stringhe sui fianchi, con altre agganciature in argento sotto il seno;
- le maniche staccate e allacciate tra loro esternamente con nastrini di seta con polsini rivoltati e ricamati alla veneziana con gigli.
Il materiale era la lana follata di taranta o simile di produzione locale. Sete ed altri tessuti erano importati.
Per ciò che riguarda il colore dell'abito, al colore di base della gonnella erano associati dei colori a contrasto con determinate regole; c'erano quindi allora gonnelle rosse con disegni e rilievi verdi, con rilievi gialli ecc.
Sulla gonnella in genere andava una sopraggonna rimboccata di tessuto più o meno pregiato a seconda dell'evenienza quotidiana e una manterina a righe verticali con un pannello con decoro in argento e nastro in vita ricamato a rose strocche (sorta di stelle).
Il cappellitto era composto da un fasciatoro, sempre a rose strocche, acconciato intorno alla tocca rigida adatta a portare i pesi, il tutto tenuto assieme da un prezioso violitto a strisce verticali in oro e argento.
Il tutto completato da trecce posticce in seta a triplice giro tra la nuca e il capo.
Le camicie di lino bianco o cotone erano impreziosite con pizzi al girocollo e ai polsini.
Ai piedi erano indossate chezette ferrate o pantofole a tacco basso e ricamate.
L' abito maschile, più soggetto al confronto con i territori cittadini e con quelli di altre zone, ha invece preso una via di maggiore standardizzazione perdendo le caratteristiche associate a una determinata zona geografica.
Esso consisteva essenzialmente dei seguenti capi:
- - le brache ampie in velluto o panno di lana al ginocchio;
- - la "zimarra", giacca in lana follata;
- - il panciotto con doppia bottoniera;
- - la fascia in vita in lana carfagna a righe;
- - la camicia in lino con laccetti e merlettini;
- - i calzettoni ricamati;
- - i gambali (sorta di ghette);
- - la bandana;
- - il cappello a falda larga floscia;
- - i bottoni in argento per chiudere il colletto;
Questa foggia, con molte varianti, era tipica di tutti i ceti sociali e le professioni eccetto che per i briganti, i soldati e i pastori che indossavano capi diversi.
I gioielli tradizionali
Agli abiti de "La Cumbagnìe" del G.U.T.A. sono abbinati gioielli che riproducono i principali gioielli tradizionali abruzzesi.
Difatti l’ornamento spesso costituiva un complemento estetico-decorativo fondamentale nell’abbigliamento tradizionale.
Nel rimandare anche in questo caso alle ben più autorevoli e complete trattazioni di studiosi della materia per gli approfondimenti, vale la pena di segnalare che molti gioielli assolvevano anche alla funzione di amuleti:
è il caso, per esempio, delle “ciarcèlle” o le “sciacquajje”, vistosi orecchini a navicella semilunata e cesellata, con pendagli oscillanti all’interno, che le contadine indossavano sempre, perché il loro tintinnìo preservava dalle influenze negative e dal malocchio.
Anche il corallo era un materiale importante: le madri e le balie se ne ornavano il petto con collane, allo scopo di favorire una costante produzione di latte.
La maggior parte degli ornamenti veniva destinata all’occasione nuziale: quando il pretendente con i suoi familiari, per la prima volta, si recava in visita in casa della prescelta, la ragazza riceveva in dono un gioiello, spesso la “presentosa” un medaglione a forma di stella contornato da arabeschi in filigrana.
Al centro di questo ciondolo figura spesso il motivo del cuore o dei cuori uniti da una mezzaluna, simbolo e promessa di amore e, come tale, dono destinato alle innamorate.
Altri gioiello tradizionalmente ricorrente è la "cannatora", collana girocollo formata da sfere realizzate in filigrana o stampate a sbalzo.
Infine bisogna ricordare che alcuni gioielli talvolta avevano anche la funzione di complemento estetico decorativo dell’abbigliamento;
ad esempio le diverse varietà di accessori in argento realizzati tradizionalmente nella zona di Scanno e di Pescocostanzo, tra cui bottoni vari, spilloni, fibbie e fermagli, “grappe” e “ciappe” per i mantelli.