Canti

GUTA - Gruppo Universitario Tradizioni Antiche

Canti

Il GUTA rievoca il repertorio del canto popolare abruzzese strettamente legato al ciclo della vita e delle festività popolari.

Eventi come la nascita, l’amore, il corteggiamento, il matrimonio il lavoro ed infine la morte, venivano condivise dall’intera comunità che usava il canto come mezzo di massima libertà di espressione.

Cantando si poteva toccare qualsiasi argomento, anche quelli tra i più delicati (come ad esempio la sfera sentimentale) di cui verbalmente non si sarebbe mai potuto parlare.

Nelle feste popolari poi, canto e musica erano al centro dell’evento e strettamente collegate al rito religioso che spesso si mescolava alla magia ancora ampiamente praticata e seguita.

Di seguito verranno citate alcune note dei generi che cerchiamo di proporre, per quanto ci è possibile, nel loro contesto funzionale.

Per approfondimenti si consiglia di consultare la Collana di Etnomusicologia Abruzzese di Carlo Di Silvestre – “Lu Passagalle

Le Serenate

Stornelli a polka e a saltarella, canti a suspitt o canzune suspiette

Canti di lavoro

Ballate

Canti di questua



Le Serenate


È il genere di canto popolare legato al corteggiamento e/o al matrimonio.

Sono state raccolte diverse forme di serenata con diversa funzionalità, di seguito descritte;

La Partenze

È tra le serenate più diffuse e presenta molteplici versioni.

Il filo conduttore del canto sta nel rimarcare il distacco (la “partenze”) della sposa dalla sua famiglia di origine.

la partenza Veniva difatti “portata” la sera antecedente le nozze o più anticamente la sera prima del trasferimento a casa dello sposo che poteva avvenire alcuni giorni dopo il rito nuziale.

La struttura del canto segue uno schema logico, non mancano spunti a doppio senso e ironici specie da parte dei fratelli che vedono alleggerito il patrimonio familiare dalle spese degli sponsali e per il necessario corredo, mentre la mamma e le sorelle perdono un aiuto per le faccende domestiche.

C. Di Silvestre 2003 “Partenza dillerose” - n° IV Collana di Etnomusicologia Abruzzese
Archivio GUTA 2006


La Zumbarella (cantata)

Raccolta a Castiglione Messer Marino, conosciuta almeno dal 1.400, è tutt’ oggi usata per corteggiare le giovani del paese e soprattutto per le serenate agli sposi.

L’organetto ad otto bassi accompagna i cantori delle strofette che fanno a gara per esaltare le bellezze della giovane.

La struttura è semplice, ma precisa. Era importante come prima cosa “presentarsi” al padrone di casa, e chiedere il permesso di cantare.

Se la “giuvinetta” accondiscendeva la zumbarella durava molto e l’impegno dei cantanti era massimo; in caso contrario “…si facev subb't a 'ffinì e si passava appress…”, non facendo mancare qualche strofetta piccante sull’onore della ragazza prima di andare via.

Archivio GUTA 2006


Sotto a la tua funestera

È una serenata a stornelli, con la funzionalità di corteggiamento.

Si decantano le bellezze e le grazie della fanciulla, facendo riferimento alla finestra della sua stanza.

La voce veniva accompagnata da zampogna e chitarra o da organetto a otto bassi.

C. Di Silvestre 2003 “Partenza dillerose” - n° IV Collana di Etnomusicologia Abruzzese



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Stornelli a polka e a saltarella,
canti a suspitt o canzune suspiette



Due o più cantori si sfidano enunciando a turno una strofetta per volta a tempo di polka o saltarella oppure senza accompagnamento (canzune suspiette Gessopalena – CH ).

stornelli Le occasioni per cantare gli stornelli possono essere le più varie: sia durante il lavoro, sia in momenti di riposo o di festa.

La bravura dell’esecutore sta nell’improvvisare o ricordare la strofa senza far cadere il filo del discorso.

La funzione principale, ormai quasi totalmente persa, era quella di esternare sentimenti e desideri che non sarebbero mai stati accettati in un contesto di dialogo formale.

Non mancano i riferimenti velati o la presa in giro su alcune caratteristiche fisiche dell’avversario o sulle sue capacità canore: “...chi vu cantare tu……”


Stornelli a polka

Le stofe sono cantate con l'accompagnamento dell'organetto a ritmo di polka.

stornelli La ggiuvendù che nin
murisse mai
di fa cambà lu monne/
di fa cambà lu monne/
la ggiuvendù che nin
murisse mai
di fa cambà lu monne
a d'allegria
di fa cambà lu monne
a d'allegria






Stornelli a saltarella

Stornelli, generalmente satirici o di presa in giro, caratterizzati da una struttura ritmica basata sul tempo della saltarella ed accompagnati generalmente dal suono dell'organetto o della zampogna.

'Nninz a la casa mi' ci sta na sella
'nninz a la casa mi' ci sta na sella
chi osa chi vo 'ndrà, / mo si ni ve' mo si ni va
chi osa chi vo 'ndrà monda a cavalla
chi osa chi vo 'ndrà monda a cavalla.

C. Di Silvestre 2003 “Partenza dillerose” - n° IV Collana di Etnomusicologia Abruzzese
Archivio GUTA 2006


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Canti di lavoro


Rappresentano forse il genere di canto che meglio si è conservato, dato che l’automatizzazione di massa del lavoro agricolo si è avuta solo nel dopoguerra.

I testi e le melodie del canto evidenziano la dura realtà del lavoro nei campi, fatta di sofferenze, miseria e soprusi del padrone ma anche di amicizia e amore.

canti di lavoro Ad ogni tipo di lavoro si accosta una ritmica melodica adatta ad accompagnare ed a ritmare il gesto lavorativo.

Erano soprattutto le donne a guidare il canto, trovando in esso una valvola di sfogo e di rivalsa sociale.

Cantando si scherzava, si litigava, si faceva pettegolezzo o si dichiarava il proprio amore.

Le voci coprivano parecchie centinaia di metri tra una proprietà e l’altra, si creava un’alternarsi di strofe.

Le melodie vocali si integravano ai rumori “acustici” degli strumenti agricoli producendo un concerto di suoni naturali che portava la mente in un mondo più felice, lontano dalla fatiche del lavoro e dalla miseria della vita di campagna.

Aria per mietitura - Fraz. Macchiatornella di Cortino (TE)
Fonte Informativa: Maria Di Matteo

Allegri mietitori e la faggia
Che lu patron a mi vo dà la fija
Quest è lu ran di la pila pila
Lu ran è brutt e la patrona e vila

C. Di Silvestre 2003 “Mo si ni cale lu sole” - n° III Collana di Etnomusicologia Abruzzese
Archivio GUTA 2006


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Ballate


Il termine Ballata stà ad indicare canzoni con testi a carattere narrativo.

Ballate Questi canti presentano testi e musiche nei quali la funzione, i contenuti, gli stili e le strutture si distendono nel tempo e non hanno quindi una precisa collocazione temporale.

La struttura della ballata consiste sostanzialmente in una fase descrittiva del singolo evento senza scendere nel dettaglio di personaggi e/o commenti moralistici.

Di solito i temi sono: il sopruso o l'ingiustizia subiti da un uomo o una donna, il tradimento, l’amore proibito e la seduzione amorosa non corrisposta.

Il diffondersi delle ballate nell’Italia centrale e in terra d’Abruzzo viene solitamente affiancato ai processi di modificazione, contaminazione e modernizzazione.

“Picchia Picchia 'lla porticella”

E picchia picchia 'lla porticella
quella è la bella che mi viene a' 'prì
e picchia picchia 'lla porticella
quella è la bella che mi viene a' 'pri



“Ci eri Tre sorelle”

C. Di Silvestre 2002 “Ci eri tre surelle” - n° II Collana di Etnomusicologia Abruzzese




“Nu giorne andava a spasse”

Nu Giorne andava a spasse
rama di fiore e gioia d'amor
nu giorne andava a spasso per lu mare

A. Lomax – Italian Treasury: Abruzzo Rec. 1954



“La fije de Caitanelle” (Roccamontepiano)

e la fijje de Caitanèlle
jève pe' ll'acque a la funtanelle
e la fijje de Caitanèlle
jève pe' ll'acque a la funtanelle

Archivio GUTA 2006


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Canti di questua


Sono canti legati ai riti processionali e religiosi.

In onore del santo o della divinità festeggiata si donavano offerte di varia natura e a seconda delle disponibilità economiche in cambio della musica e del canto portati dalle squadre di questuanti.

Le Maitinate

Sono canti di questua del periodo natalizio, o meglio dell’Epifania (pasquetta o pasquella di Natale), giorno in cui anticamente si festeggiava la natività.

Fanno esplicito riferimento alla nascita del Bambino Gesù e ne esistono diverse versioni.

Venivano cantate di casa in casa, portando così gli auguri per le feste e i buoni auspici per il nuovo anno.

Al termine del canto, il padrone di casa, per ringraziare ed esprimere il suo compiacimento esclamava: “…So sendute”.

Ovviamente seguiva una offerta in cibo e/o bevande a seconda delle disponibilità economiche della famiglia.

A. Lomax – Italian Treasury: Abruzzo Rec. 1954


Lu Sant’Andonje
Sand'Andonije
Ultimamente per fortuna la rappresentazione della vita di S.Antonio sta tornando in auge in molti centri che avevano dimenticato questa tradizione.

Data la complessità e la notorietà di questo rito conviene non aggiungere altro e rimandare alla Bibliografia indicata.

La versione che generalmente proponiamo è quella della della Val Pescara, comprensiva della pantomima sulle tentazioni del Santo. Viene eseguita con la formula della questua itinerante di casa in casa e immancabile cena finale per consumare tutti i beni avuti in dono, perchè: “S. Andonje accett tutte….”

C. Di Silvestre 2002 “In onore di S. Antonje” - n° II Collana di Etnomusicologia Abruzzese


Il Majo

Il culto antico di Maya – la personificazione della virtù produttiva, nella sua forma femminile – si trasformò nella più moderna e ideale venerazione di Maria.

Maggio fu fatto sinonimo di Maria, ricco di fiori e frutti della terra, puro e fecondo come la Vergine.

Il Majo L’usanza di salutare coi Maggi il ritorno della bella stagione è antichissima, ne esistono varie formule con infininite varianti di simboli, canti e balli.

Il fattore comune risiede nel salutare il risveglio della natura evidenziando il ritorno del verde e dei fiori nei campi.

La formula più comune, prevede che nelle prime ore del mattino una brigatella di cantori e suonatori di cembali, preceduta da un ramo chiamato il “Maggio” a cui possono essere appesi fiori, spighe di grano ed orzo, fave, ciliegie ed altre primizie, portano il saluto ad ogni casa per le contrade ricevendo in dono uova e dolci.

Nelle versioni più antiche si impersonifica il maggio in un fantoccio, che può essere trasportato da un asino o dalle squadre, in alcuni casi si possono improvvisare scherzi e burle.

Molte varianti si hanno anche per il cibo rituale di Maggio; in ogni caso si tratta di una minestra con "ogne sorta" o "nove sorta" di legumi e cereali detta lessame (Gessopalena), lessagna (Gurdiagrele) lessiema (Chieti) virtù (Campli, Teramo e Pietracamela) granate (L’Aquila, Torricella Peligna) cicegranate (Popoli, Rivisondoli) cutemajje (Pescocostanzo).

I poveri ne chiedevano per carità, tra i popolani gli amici se la scambiavano e per buon auspicio anche le bestie dovevano assaggiarne.

Gennaro Finamore 1890 “Credenze Usi e Costumi Abruzzesi”
Archivio GUTA 2006


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